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Gli artisti umani perdono terreno nella battaglia legale contro l’IA

by Tim

Un giudice federale sembra pronto a respingere la maggior parte delle richieste di risarcimento in una causa di alto profilo intentata da artisti contro aziende di IA. Il caso ha portato alla ribalta le spinose questioni relative al diritto d’autore, mentre l’IA generativa si sta diffondendo.

Nel corso di un’udienza tenutasi all’inizio di questa settimana, il giudice distrettuale William Orrick ha dichiarato che gli artisti querelanti avrebbero dovuto differenziare meglio le loro accuse contro le aziende di AI art Stability AI, MidJourney e DeviantArt. La notizia è stata riportata per la prima volta da Reuters.

L’azione legale collettiva proposta sostiene che Stability ha “raschiato” miliardi di immagini dal web per addestrare il suo sistema di intelligenza artificiale da testo a immagine Stable Diffusion, violando potenzialmente i diritti d’autore. L’azione legale sostiene che le immagini generate da Stable Diffusion sono opere derivate da immagini protette da copyright, il che costituisce una violazione dei diritti esclusivi dei proprietari di tali immagini.

Orrick ha tuttavia osservato che rimane “poco plausibile” che siano coinvolte opere specifiche del querelante, data l’entità dei dati di formazione coinvolti.

Artisti vs AI

Per capire la causa in termini semplici: I querelanti affermano che le aziende di AI hanno addestrato i loro modelli utilizzando le loro opere d’arte come input senza il loro permesso, e quindi i risultati forniti da MidJourney, Stable Diffusion, Dall-e e altri generatori di immagini AI sono, almeno in parte, un plagio dei loro contenuti.

D’altro canto, i convenuti hanno sostenuto che i modelli di IA scrutano il web per catalogare le immagini, ma non per copiarle, nello stesso modo in cui una persona deve esaminare una serie di immagini di Pablo Picasso per identificare ciò che distingue un Picasso. In questo modo, gli stili non possono essere protetti da copyright. I risultati dell’IA non sono copie di opere d’arte originali e i dati sono stati resi disponibili al pubblico per essere visti da persone o computer.

Sulla questione se le immagini generate dall’intelligenza artificiale possano costituire opere derivate che violano le creazioni originali dei querelanti, Orrick ha espresso scetticismo. “Non credo che la richiesta di risarcimento per le immagini di output sia plausibile al momento, perché non c’è una somiglianza sostanziale”, ha detto.

Tuttavia, il giudice ha indicato che la rivendicazione dell’illustratrice Sarah Andersen, secondo la quale Stability AI avrebbe violato direttamente i diritti d’autore che detiene su diverse opere, sembra destinata ad andare avanti. La questione non riguarderebbe la produzione o l’uso dell’IA, ma sembra riguardare l’uso di un’opera di un altro artista a fini commerciali.

Chi possiede i diritti d’autore? Una domanda antica ma complicata

Il dibattito sui diritti d’autore delle opere generate dall’intelligenza artificiale non è nuovo. Tuttavia, l’attuale opinione espressa dal giudice Orrick sembra indicare che le opere di IA sono diverse dai dati utilizzati per addestrare i modelli, il che non conferisce diritti ai querelanti.

Questa opinione è in linea con le conclusioni degli studiosi di diritto nei decenni passati, quando l’IA era meno avanzata. Durante l’ascesa delle opere generate al computer negli anni Ottanta e Novanta, gli esperti hanno ritenuto che l’attribuzione del diritto d’autore all’utente del sistema di IA fosse l’approccio più prudente. In questo modo si premiavano coloro che portavano le innovazioni sul mercato, evitando di ricompensare eccessivamente i programmatori.

Nel 1985, ad esempio, la professoressa Pamela Samuelsonm, della Berkeley Law School e della UC Berkeley’s School of Information, ha sostenuto che “l’attribuzione dei diritti sui prodotti generati dal computer all’utente del programma generatore è la soluzione più solida al dilemma”. Al contrario, Victor Palace è giunto alla conclusione che tutte le opere d’arte dell’intelligenza artificiale dovrebbero diventare di pubblico dominio: “L’attribuzione della proprietà del copyright all’intelligenza artificiale porterebbe a una posizione non umana, il che comporterebbe un’inutile incertezza nel sistema giuridico”, ha scritto in un articolo per la Florida Law Review.

Ma i progressi fulminei dell’IA di oggi hanno rinnovato il dibattito sulla questione. Gli scienziati non possono più liquidare sistemi come ChatGPT e Stable Diffusion come semplici strumenti inerti “animati da elementi di genio creativo umano”, come fece decenni fa una commissione del Congresso. Questi strumenti mostrano ora una crescente autonomia nel generare prosa scritta, immagini, musica e altro ancora.

Chi è il proprietario dei risultati: l’IA, i programmatori o gli artisti il cui lavoro ha formato i modelli? E le creazioni dell’IA possono violare il materiale di addestramento, costituendo potenzialmente una violazione del copyright? Diverse cause legali in corso mirano a fare chiarezza. L’utilizzo di opere protette da copyright per addestrare l’IA può costituire una violazione del diritto d’autore, ma potrebbero essere applicate delle difese per uso corretto.

Le risposte sono di grande importanza, in quanto modellano gli incentivi e le ricompense per l’IA, che si diffonde in settori quali l’istruzione e l’intrattenimento. Per ora, la visione scettica di Orrick sulle questioni relative al copyright invia un segnale preliminare su come i tribunali potrebbero trattare queste spinose cause sull’IA. Ma come ogni buon dramma legale, aspettatevi qualche colpo di scena prima che scorrano i titoli di coda.

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