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Stati Uniti: la SEC vuole sbarazzarsi delle scommesse su Ethereum (ETH)?

by Tim

Brian Armstrong, CEO di Coinbase, ha espresso preoccupazione per la potenziale mossa della SEC di vietare lo staking di Ethereum per gli investitori al dettaglio. Cerchiamo di capire di cosa si tratta.

La SEC ce l’ha con Ethereum

Ieri sera Brian Armstrong, il CEO della piattaforma di criptovalute Coinbase, ha postato un thread in cui esprimeva le sue preoccupazioni su ciò che la Securities and Exchange Commission (SEC) avrebbe in serbo per lo staking di Ethereum (ETH):

Secondo le voci che ha sentito, la SEC vorrebbe sbarazzarsi del picchettamento di Ethereum tra gli investitori al dettaglio. Ciò fa seguito a regolari dichiarazioni in cui si sostiene che l’ETH è presumibilmente un titolo dal momento della sua transizione da proof of work a proof of stake.

Sebbene manchi ancora la sostanza per giudicare cosa stia realmente accadendo, questo caso ricorda una situazione inversa in Europa, quando il regolamento MiCA prevedeva inizialmente un divieto di mining delle criptovalute.

In realtà, tali misure si applicano solo ai Paesi in cui sono in vigore tali leggi. Ciò significa che anche se la SEC dovesse vietare lo staking di ETH, la natura decentralizzata di Ethereum non impedirebbe il normale funzionamento della rete e solo gli americani verrebbero penalizzati.

Inoltre, è opportuno chiedersi come verrebbe applicata questa ipotetica legge. Infatti, se è facile vietare a piattaforme come Coinbase di offrire servizi di staking sulla loro applicazione, nulla impedisce agli investitori di creare il proprio nodo di convalida se ne hanno i mezzi e le competenze, o più semplicemente di delegare il proprio ETH direttamente sulla catena al servizio di loro scelta.

L’eterno dibattito sul test di Howey

Ovviamente, sebbene Ethereum sia l’esempio utilizzato in questo caso, la questione riguarda tutte le criptovalute che operano con un consenso che utilizza la proof of stake.

Il famoso test di Howey viene spesso proposto dalla SEC nel tentativo di qualificare le criptovalute come titoli. Ecco le quattro condizioni necessarie per riqualificare un asset come tale:

  • Richiede un investimento in contanti;
  • Consentire un possibile profitto;
  • Presentare un investimento in una joint venture;
  • Vedere il proprio rendimento legato alle azioni di altri.

Sebbene gli esperti legali siano più competenti per giudicare se il PF soddisfi o meno queste condizioni, possiamo comunque farci un’idea da soli.

I primi due punti del test potrebbero, secondo i pareri, essere convalidati, ma puntare su Ethereum non è, ad esempio, un investimento in una joint venture. E per una buona ragione, anche se i validatori sembrano lavorare insieme per mantenere la rete senza intoppi, sono tutti indipendenti l’uno dall’altro.

Anche il caso delle prestazioni legate alle azioni degli altri è discutibile. Naturalmente, il validatore a cui vengono delegati i PF deve svolgere correttamente il proprio lavoro, ma l’assegnazione delle ricompense non dipende solo dalle azioni del validatore, ma da molti parametri del consenso stesso.

Con Coinbase che detiene il 13,2% della rete, è comprensibile che Brian Armstrong si preoccupi di eventuali decisioni della SEC.

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