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La Casa Bianca pubblica un rapporto che giustifica la tassa del 30% sul mining di criptovalute, citando la mancanza di “benefici economici”.

by Thomas

La proposta di un’accisa del 30% sulle società di mining di criptovalute è stata al centro di un rapporto pubblicato martedì dalla Casa Bianca, in cui l’amministrazione ha ribadito la propria posizione secondo cui la riduzione dei profitti dei minatori è nell’interesse delle comunità americane e dell’ambiente.

“Le imprese non devono pagare per l’intero costo che impongono agli altri”, si legge nel rapporto, aggiungendo che la tassa proposta “incoraggia le imprese a iniziare a tenere maggiormente conto dei danni che impongono alla società”.

L’accisa proposta avrebbe un impatto sui minatori di asset digitali a partire dal 2024 e richiederebbe a qualsiasi azienda di questo tipo di pagare allo Zio Sam un’imposta basata sui costi di elettricità associati, partendo dal 10% e aumentando ogni anno fino a raggiungere il 30%.

Il bilancio della Casa Bianca per il 2024, che ha introdotto la tassa a marzo, stima che essa potrebbe aiutare il governo a ridurre il deficit di 74 milioni di dollari nel primo anno e potenzialmente crescere fino a 444 milioni di dollari entro l’anno fiscale 2033.

Con il nome ufficiale di Digital Asset Mining Energy (DAME), la tassa si applica anche ai minatori di asset digitali che guadagnano denaro convalidando transazioni su reti proof-of-work come Bitcoin e proof-of-stake come Ethereum, nonostante i livelli di consumo energetico siano molto diversi.

Il rapporto stima che i minatori di criptovalute negli Stati Uniti abbiano consumato circa 50.000 gigawattora di elettricità nel 2022 tra Bitcoin ed Ethereum, quasi quanto i televisori e molto più dei computer domestici.

Per stimare questi numeri, la Casa Bianca è partita da stime globali sull’utilizzo di energia per il mining di criptovalute e ha segmentato una frazione rappresentativa per le operazioni Bitcoin ed Ethereum con sede negli Stati Uniti.

Nell’ambito della tassa proposta, i minatori di asset digitali sarebbero tenuti a dichiarare la quantità di elettricità che utilizzano, la sua fonte – se proveniente da fonti rinnovabili o meno – e il valore associato. Si applica anche all’energia generata fuori rete, come la conversione di quello che altrimenti sarebbe gas naturale sprecato.

Tra coloro che hanno criticato la tassa proposta c’è Brian Quintenz, responsabile delle politiche della società di investimenti a16z, che ha richiamato l’attenzione sul fatto che la tassa si concentra sull’elettricità e non sulle emissioni di carbonio.

“A quanto pare non importa da dove proviene l’elettricità”, ha commentato su Twitter. “Se al governo non piace il modo in cui si utilizza l’energia, si viene penalizzati. “

All’indomani della pubblicazione del rapporto della Casa Bianca, il candidato democratico alla presidenza Robert F. Kennedy Jr. ha colto la logica dell’amministrazione, allineandosi maggiormente ai sostenitori degli asset digitali dopo che, il giorno prima, aveva definito la cosiddetta “guerra alle criptovalute”.

“Il mining di Bitcoin ha un utilizzo simile a quello dei videogiochi, e nessuno chiede di vietarli”, ha dichiarato su Twitter. “L’argomento ambientale è un pretesto selettivo per sopprimere tutto ciò che minaccia le strutture di potere delle élite”.

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