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Quali sono le sfide del Web3 per le aziende? Focus su uno studio di Coinhouse e Deloitte

by Tim

Coinhouse e Deloitte hanno condotto uno studio congiunto sulle sfide del Web3 nelle aziende. È l’occasione per approfondire queste statistiche, per vedere a che punto è la democratizzazione delle criptovalute nel mondo professionale

Web3 in azienda: Coinhouse e Deloitte presentano il loro studio

Deloitte, una delle “Big Four”, ha collaborato con Coinhouse per realizzare un barometro sull’uso delle tecnologie blockchain nelle imprese: “Web3, una sfida strategica e finanziaria per le aziende”.

Nicolas Louvet, CEO di Coinhouse, ha parlato della crescita di queste tecnologie e del ruolo della sua azienda in questa transizione:

Abbiamo prima aiutato le aziende a stabilire una presenza nel metaverso consentendo loro di selezionare e acquistare terreni e negli ultimi mesi abbiamo accelerato il nostro sviluppo consentendo alle aziende di generare entrate con Web3 e criptovalute. Nei prossimi trimestri si assisterà a un’impennata dei progetti Web3 per i consumatori in diversi settori”.

Questo studio è stato condotto con un centinaio di aziende, il 59% delle quali sono attori tradizionali dell’economia francese, mentre il restante 41% sono aziende specializzate in Web3. Di questa popolazione, la metà è costituita da piccolissime aziende con meno di 10 dipendenti, il 22% da PMI con meno di 250 dipendenti, il 13% da aziende fino a 5.000 dipendenti e il 14% da grandi aziende.

Un interesse crescente

In occasione di questo studio, abbiamo intervistato Marie-Line Ricard, Global ISP, Blockchain & Web3 Leader di Deloitte, sull’interesse delle aziende per le criptovalute:

In Deloitte stiamo assistendo a un crescente interesse da parte delle aziende per la comprensione degli asset digitali: il 63% degli intervistati ha già organizzato o sta pianificando di organizzare sessioni di formazione relative al Web3. I nostri clienti stanno cercando di diversificare i loro portafogli e/o di sperimentare le innovazioni finanziarie offerte da questa tecnologia, come la finanza decentralizzata (DeFi) o la tokenizzazione di asset reali (Real World Asset). “

Tra i partecipanti allo studio, il 47% delle aziende ha già investito in criptovalute: il 41% per le aziende tradizionali e il 56% per le aziende specializzate. L’ETH è in testa con il 76% delle aziende coinvolte, il Bitcoin (BTC) con il 57%, ma anche alcune altcoin come AVAX, AAVE o persino Balancer’s BAL.

È interessante notare che tra le aziende che non intendono investire in criptovalute, il 18% è costituito da aziende web specializzate3 :

Figura 1 - Panoramica delle aziende che investono o meno nelle criptovalute

Figura 1 – Panoramica delle aziende che investono o meno nelle criptovalute


Le ragioni addotte dalle aziende che si astengono da tali investimenti sono la volatilità e la mancanza di comprensione, ma anche il possibile impatto negativo sulla loro reputazione. Per gli operatori specializzati, oltre a queste ragioni viene citato anche il rifiuto dei loro partner bancari.

Inoltre, all’interno della popolazione studiata in questo barometro, il 39% degli intervistati ha un dipartimento responsabile di trattare le questioni relative al Web3. Tra i vari dipartimenti, troviamo in testa il Dipartimento Innovazione (33%), il Dipartimento Strategico e il Dipartimento Digitale. Anche l’Ufficio Legale e l’Ufficio Finanziario sono tra i primi tre, ma nessuna azienda intervistata ha assegnato il Web3 all’Ufficio Marketing.

Cryptos: un sostituto di qualità per i bonifici bancari

Un’altra parte dello studio si concentra sulla questione dei trasferimenti internazionali e dei regolamenti. Il 30% degli intervistati utilizza le criptovalute per i primi e il 42% per i secondi.

Le ragioni addotte per questo tipo di utilizzo a scapito del sistema finanziario tradizionale sono le seguenti:

  • Il costo ;
  • Il ritardo;
  • La copertura del tasso di cambio;
  • La tracciabilità.

Per quanto riguarda i trasferimenti, le stablecoin sono logicamente in testa, davanti a ETH e BTC, ma è interessante notare che per i pagamenti è ETH ad occupare il primo posto, davanti a stablecoin e BTC.

Non sorprende che questo caso di applicazione si trovi soprattutto dalla parte degli operatori specializzati del Web3, con un forte contrasto con le imprese tradizionali:

Figura 2 - Trasferimenti internazionali di denaro e pagamenti in criptovaluta

Figura 2 – Trasferimenti internazionali di denaro e pagamenti in criptovaluta


Le ragioni della riluttanza degli operatori tradizionali sono molteplici:

  • Una mancanza di conoscenza, soprattutto per quanto riguarda il trattamento contabile;
  • La cattiva stampa di operatori come FTX e Terra (LUNA);
  • Mancanza di chiarezza normativa.

Il barometro evidenzia anche l’importanza delle stablecoin garantite dal dollaro tra gli operatori francesi che le utilizzano per i regolamenti e i trasferimenti internazionali, invitando a riflettere sugli usi futuri delle stablecoin in euro.

Il caso delle NFT e del metaverso

Nel caso dei token non fungibili, il 92% delle aziende intervistate sa cosa sia un NFT e il 35% delle aziende tradizionali ha già realizzato un progetto NFT, rispetto al 72% degli operatori specializzati.

I motivi sono vari, ad esempio si può citare la sperimentazione interna per avviare i dipendenti, ma anche per un’esigenza di tracciabilità di alcuni prodotti, collezioni che danno diritto a vantaggi o giochi play-to-earn.

Le aziende che non utilizzano le tecnologie NFT citano la mancanza di risorse, di maturità, di opportunità, il fatto che non è una priorità, oppure che hanno accompagnato aziende in questo percorso ma non si sono lanciate.

Per quanto riguarda la presenza della popolazione intervistata nel metaverso, o almeno per quanto riguarda le esperienze passate, il 30% delle aziende tradizionali ha risposto “Sì” rispetto al 50% dei player specializzati:

Figura 3 - Presenza di aziende nel metaverso

Figura 3 – Presenza di aziende nel metaverso


Va notato che il metaverso è percepito principalmente come uno strumento di marketing, che offre un nuovo canale di vendita o di comunicazione. Tra gli attuali ostacoli alla sua espansione, troviamo diverse ragioni come la necessità di interazione fisica, il costo delle cuffie per la realtà virtuale o la mancanza di realismo dei progetti attuali.

La democratizzazione dell’ecosistema è ormai avviata e, se il lavoro educativo è ancora da fare, le aziende sono sempre più consapevoli dell’interesse delle tecnologie Web3.

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