Home » Un hacker abituale di Monero tradito da una transazione Bitcoin: quando la blockchain diventa un alleato dell’FBI

Un hacker abituale di Monero tradito da una transazione Bitcoin: quando la blockchain diventa un alleato dell’FBI

by Patricia

L’FBI ha arrestato un cybercriminale britannico dopo che questi ha accettato un pagamento in Bitcoin, tradendo anni di anonimato ottenuto grazie a Monero. Questo caso sottolinea l’efficacia della tracciabilità di Bitcoin, spesso sottovalutata, in un contesto in cui le normative sulle criptovalute stanno diventando sempre più controverse.

Un’operazione sotto copertura che porta all’arresto di un cybercriminale esperto grazie a Bitcoin

Kai West, uno studente britannico di 20 anni specializzato in sicurezza informatica, è stato incriminato questa settimana negli Stati Uniti. Con lo pseudonimo di “IntelBroker”, avrebbe venduto e/o divulgato dati sensibili provenienti da aziende statunitensi, sistemi sanitari e servizi governativi tra il 2023 e il 2025. Le autorità stimano in 25 milioni di dollari i danni causati dalle sue attività.

Estratto della denuncia di Kai West

Kai West utilizzava esclusivamente la criptovaluta Monero (XMR) per effettuare le sue vendite sui forum del dark web. Monero è nota per la sua capacità di nascondere le informazioni relative alle transazioni, in particolare grazie alle “ring signature”.

L’uso di Monero gli permetteva di operare nell’ombra, al riparo dai classici strumenti di tracciamento più efficaci sulle blockchain come Bitcoin.

Ma tutto è cambiato nel gennaio 2023, quando un agente dell’FBI, fingendo di essere un acquirente interessato, è riuscito a offrirgli un pagamento di 250 dollari in Bitcoin. IntelBroker, che fino ad allora aveva rifiutato qualsiasi transazione al di fuori di Monero, alla fine ha ceduto. Questa singola transazione ha aperto una breccia. West avrebbe commesso l’errore di condividere un indirizzo già utilizzato che era stato alimentato da un altro portafoglio, a sua volta collegato a un account sulla piattaforma Ramp, un servizio di acquisto di criptovalute che richiede la verifica dell’identità.

Questo account era collegato alla patente di guida di Kai West. Gli investigatori avrebbero anche trovato un account Coinbase aperto con lo pseudonimo “Kyle Northern” con lo stesso documento d’identità. L’indagine ha anche incrociato le sue attività digitali: indirizzo IP, cronologia YouTube, indirizzi e-mail e password corrispondevano a quelli utilizzati da IntelBroker sui forum.

Nonostante i suoi sforzi per fingersi un hacker di lingua russa, West risiedeva effettivamente nel Regno Unito, dove proseguiva i suoi studi.

Un caso che dimostra che Bitcoin non è fatto per i criminali

Il caso IntelBroker mette in luce la potenza della tracciabilità offerta da Bitcoin. Contrariamente alle credenze popolari, la blockchain Bitcoin è pubblica e tutte le transazioni possono essere analizzate. Sono proprio queste tracce che hanno permesso all’FBI di identificare l’hacker dopo un unico pagamento in BTC.

Ma questa trasparenza è spesso ignorata e messa da parte da molti politici per giustificare regolamenti sempre più severi. Tuttavia, secondo Chainalysis, solo lo 0,14% delle transazioni in criptovaluta era illegale nel 2024. A titolo di confronto, secondo l’ONU, con le valute fiduciarie è il 3-5% del PIL mondiale ad essere coinvolto ogni anno in attività illegali.

Le misure di sorveglianza imposte alle piattaforme di scambio di criptovalute, come il KYC, espongono gli utenti a rischi importanti: fughe di dati, furti d’identità e persino violenze fisiche.

In Francia, nel 2025 sono stati rapiti 8 personaggi di spicco del settore delle criptovalute, i cui dati sarebbero stati compromessi. Con il pretesto di combattere la criminalità, si indebolisce un’alternativa monetaria trasparente e verificabile, a scapito della sovranità individuale. Questo paradosso solleva una domanda fondamentale: Bitcoin è uno strumento di libertà… o una vittima della repressione messa in atto dai nostri governi?

Related Posts

Leave a Comment